Lettera al Vento – Cortometraggio
Lettera al vento è un cortometraggio realizzato alcuni anni fa. L’idea per questo lavoro è arrivata di fronte ad un tramonto a Stromboli. Questo progetto è stato realizzato parallelamente alla lavorazione del documentario “Stromboli“. Oltre al mio collega e amico, Elis Karakaci, questo progetto nasce con la profonda collaborazione di Beatrice Aiello, la quale oltre a dare voce e corpo alle immagini, ha co firmato la regia.
In quei giorni stavamo dicendo addio ad uno spicchio di presente, con ruvida e poetica consapevolezza. Alcune terre ed alcuni elementi hanno il potere di mettere in connessione con quello che più profondamente ci muove. L’isola di Stromboli, un vulcano che emerge dall’acqua, rende quasi istantaneo il processo di allineamento con la parte più selvaggia e vera di noi. Ed è facile capire che cosa non ci appartiene più, che cosa di noi stessi dobbiamo lasciar andare.
La vita premia con la felicità ad alte temperature le scelte coraggiose, non il lento consumarsi delle relazioni. Allora scegliere di dire addio ai traumi del passato, alle maschere che non ci servono più, alle persone che abbiamo amato ma non hanno più la nostra forma, diventa un pizzico più semplice.
Lettera al vento si propone come una testimonianza di questo rito letterario all’ombra del vulcano, alla luce della Sicilia.
Ciao Beatrice, ti va di ricordare come sei arrivata a Stromboli?
Nell’estate del 2018 ho partecipato alla Festa di Teatro Ecologico, un’iniziativa che abitualmente si svolge a cavallo tra giugno e luglio. La direzione artistica era affidata ad Alessandro Fabrizi, che mi ha coinvolto in uno spettacolo tratto da un’opera di Pirandello, dal nome “La favola del figlio cambiato”. Un racconto straordinario, geniale nella maniera in cui risolve l’accettazione della diversità. È stata un’esperienza totalizzante, immersiva. Abbiamo terminato le prove proprio a Stromboli e montato lo spettacolo nella scenografia naturale più bella che ci sia. Anche perché un punto importante della storia è il ritorno di un principe alle proprie origini, una ricerca di un luogo in cui poter lasciar cadere la propria maschera e tornare a un’acqua pura, ad un’acqua che non fa invecchiare i pensieri. Essere proprio su quelle sponde a raccontare questa storia ha reso tutto ancora più intenso.
Come è stato lavorare a Stromboli? Quali sono le connessioni che si sono create?
È stata un’esperienza molto ricca, ho vissuto l’isola di Stromboli incrociando artisti provenienti da tutto il mondo. Persone di ogni età e provenienza geografica e culturale che si ritrovavano lì per il Festival del Teatro Ecologico, oppure per la festa del fuoco, un altro grande evento che quell’anno si è tenuto nello stesso periodo. Ognuno era a Stromboli seguendo un obiettivo creativo differente. Tra le persone che ho avuto il piacere di incontrare c’è stato anche quello con voi, Alessandro Genitori e Elis Karakaci. La nostra collaborazione è nata quando mi avete chiesto di interpretare lo spirito dell’isola, ed è stato un piacere lavorare con voi durante le riprese che stavate realizzando per il vostro documentario. Da lì è sbocciata l’idea di creare un progetto condiviso, che ci ha portato a realizzare insieme “Lettere al Vento”.
Lettera al vento, un’epistola contenuta nel libro di Antonio Tabucchi “Si sta facendo sempre più tardi”, è schizzata fuori dalla mia memoria di lettrice come un lapillo di lava davanti a quel tramonto. Una donna ha perso l’uomo che amava e cerca tutte le briciole del suo passaggio in questa dimesione: i suoi occhi negli occhi di chi l’ha conosciuto, la sua fragranza nei luoghi che egli ha abitato. Come una moderna Iside riunisce i brandelli della sensibilità del suo uomo, ma non può resuscitarlo. Allora lo lascia andare, per far rinascere lei stessa.
Come si è evoluta l’idea del cortometraggio “Lettera al vento”?
Mi ricordo che eravamo tra la spiaggia e le nere rocce tipiche di Stromboli, durante il tramonto. Si è creata naturalmente una forte empatia tra noi, un modo comune di vivere un momento importante delle nostre vite. Si potrebbe dire che per vari motivi stavamo tutti attraversando quell’ attimo di passaggio dalla giovinezza alla maturità. Lì è nata l’intuizione per “Lettere al Vento”: mi sono ricordata l’atmosfera che mi aveva lasciato la lettura di un’epistola contenuta all’interno del libro “Si sta facendo sempre più tardi” di Antonio Tabucchi. Un passaggio del libro mi è tornato alla memoria, una lettera al vento davanti un incredibile tramonto. La consapevolezza di poter lasciar andare alcune cose che sentivo dentro, un’epifania, come se da un momento all’altro dovesse arrivare una assunzione di responsabilità. Che passa attraverso lo sciogliere i nodi del passato.
Ti ricordi quei giorni, le riprese, come si è poi evoluto il progetto?
Abbiamo realizzato le riprese in pochi giorni, e subito dopo ho ricevuto una notizia importante per la mia vita e ho dovuto lasciare in fretta l’isola. Alcuni luoghi come Stromboli effettivamente favoriscono l’allineamento verso una profonda consapevolezza di sé. Risvegliano un istinto chiaro su cosa fare o cosa sta per accadere. Desideravo creare una traccia di quel momento vissuto sull’Isola, ma non sapevo ancora che forma potesse prendere. Avevamo all’inizio pensato ad un monologo, poi abbiamo deciso di affidare le sensazioni che volevamo trasmettere ad una voce fuori campo. Lasciare spazio alla voce e far parlare le immagini e i suoni dell’isola, quelli del mare e del vulcano.
Quale è, per te, la Lettera al Vento che volevi trasmettere?
La lettera è il percorso di una figura femminile che rievoca l’essenza della persona che ama, il suo amato non c’è più e allora decide di ricostruire il suo cammino. In quest’isola che gli era familiare, raccoglie le testimonianze delle persone che lo hanno incontrato, cerca la sua nei luoghi che ha percorso. Ho pensato al mito egizio di Iside che ricompone il corpo di Osiride. In questo senso, da un punto di vista metaforico, per celebrare il suo addio lei deve ricomporre la sua figura, per poi finalmente lasciarlo andare e poter quindi rinascere. Come attrice la sfida interessante è stata quella di restituire un testo letterario, osservandolo prima da lontano, cercando di non imprimere una propria intensità. Si trattava di parole già molto evocative, volevo solo farmi canale per poter restituire al meglio l’atmosfera che già il testo sprigionava
Nel percorso artistico che genera la creazione di un’opera, quanto aiuta trovarsi in un luogo carico di energie come può essere l’Isola di Stromboli?
Sono terre dalla natura selvaggia, radicale, il pensiero si fa più chiaro. Il contatto profondo con se stessi, energia fisica e chiarezza aiutano la creazione. Si ha la consapevolezza che alcuni dolori, alcuni nodi, alcune maschere che indossiamo, possono essere lasciate andare. Hanno avuto una funzione ma non ci servono più. E allora aprirsi al nuovo. È una cosa fondamentale, aprire dei cicli e poi chiuderli, la ritualità aiuta. il cambio di pelle permette di passare ad un’altra fase della propria esistenza. E anche il teatro è un rito, anche la composizione artistica lo è.
Come è stato collaborare anche in veste di coregista del progetto?
E’ stato interessante entrare in una comunicazione “ a più teste”, essere centrata nelle mie idee e allo stesso tempo aperta al confronto, un fantastico esercizio. La linea principale era dare testimonianza di questo rito di passaggio. Dopo le prime proposte di montaggio, ci siamo resi conto che era importante lasciar parlare le immagini, lasciare solo una voce, perché la “lettera il vento” che volevamo trasmettere era qualcosa di arioso, delicato. Abbiamo avuto la fortuna di poter avere al montaggio una persona che ha fatto subito proposte preziose ed efficaci, Leonardo Balestrieri, a cui vanno i miei ringraziamenti per aver dato quel ritmo misterioso che volevamo trasmettere.
Un progetto che è stato poi presentato durante una delle edizioni del Marefestival di Salina.
Un progetto nato nelle Isole Eolie che ha trovato il suo compimento dopo due anni in un’altra isola, a Salina appunto. L’emozione di vedere il nostro lavoro sul grande schermo è stata immensa. Ringrazio la direzione artistica del Marefestival che ci ha permesso di vedere il nostro lavoro, guardando Stromboli da un’altra prospettiva in tutti i sensi. Quando si guarda a distanza di tempo il proprio lavoro si è più obiettivi. Nel 2020 poter tornare nelle isole Eolie, durante un bellissimo Festival, è stato nuova linfa, vitalità, anche per ritornare al normale dopo la pandemia. Rivedere il nostro lavoro mi ha fatto apprezzare il risultato di tre creatività che hanno lavorato insieme, imparando a conoscerci nei tratti comuni e nelle divergenze, fondamentali per riuscire a crescere come persone e come professionisti.
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